LA RIFORMA CARTABIA TRADITA DAI GIUDICI
Uno degli obiettivi principali, se non il principale della recente “riforma Cartabia”, è quello di imprimere una forte accelerazione ai tempi del processo civile, tanto da ridurne la durata del 40%.
In quest’ottica si pone certamente l’art. 473 bis 51 del codice di procedura civile, che regola la procedura per la separazione consensuale tra i coniugi.
La norma dispone che, in questi casi, il ricorso sia sottoscritto personalmente anche dai coniugi e che essi possano chiedere di sostituire l’udienza con il deposito di note scritte, dichiarando che non intendono riconciliarsi.
Si tratta, all’evidenza, di una procedura estremamente semplificata e rapida: peccato, però, che in alcuni Tribunali, come quello di Ivrea e di Torino, poi si debbano aspettare da quattro a cinque mesi per un’udienza puramente virtuale (fissata alle ore 23,59).
Si può trascurare il Tribunale di Ivrea, che nel 2019 è stato proposto per essere dichiarato “sede disagiata”, ma non certo il Tribunale di Torino, nel quale, durante la presidenza del dott. Massimo terzi, le udienze per le separazioni consensuali e i divorzi congiunti erano mediamente fissate ad un mese dall’iscrizione a ruolo, con il deposito della sentenza che avveniva anche il giorno successivo a quello dell’udienza stessa.
C’è da dire che anziché una riduzione dei tempi del 40% si è arrivati ad un aumento del 500%, in una procedura nella quale l’udienza è sostituita dal deposito di note scritte che altro non sono se non la conferma delle medesime conclusioni già formulate nel ricorso introduttivo.
La ragione di questa nuova prassi sembra da rinvenire nella decisione del Tribunale di “privilegiare” il ricorso alla negoziazione assistita a discapito del ricorso all’autorità giudiziaria, per agevolare la riduzione del carico di lavoro dei magistrati.
Può sembrare, di primo acchito, una motivazione condivisibile, ma essa in realtà si traduce in un’indebita pressione che incide sui costi (ma anche sui tempi) della separazione: se i coniugi sono fin dall’inizio in pieno accordo, infatti, possono rivolgersi ad un solo avvocato, depositare un ricorso congiunto e pagare una sola parcella da dividere tra loro, mentre la negoziazione assistita presuppone, in primo luogo, che l’accordo inizialmente non ci sia e che il conflitto tra i coniugi debba essere risolto; in secondo luogo comporta che ciascuno dei coniugi debba avere il proprio avvocato al quale pagare una distinta parcella; inoltre la negoziazione assistita prevede molti più adempimenti formali, in grado di aumentare decisamente l’importo degli onorari dei legali.
L’illusione che i tempi dei processi dipendano dai “trucchi” e dalle eccezioni degli avvocati, sembra destinata a svanire una volta per tutte.